Punti di interesse

 

La Piazza

Il centro del paese è la piazza con il tiglio secolare, la fontana monumentale, gli archi e il loggiato del palazzo De Laurentis-Villani e "re muredde", una serie di scalinate che porta a via Castello.

Il tiglio secolare fu piantato durante la rivoluzione partenopea come simbolo di libertà e rappresenta da sempre il fulcro del paese. Sotto le sue fronde i rocchesi si incontrano per discutere di tutto e di tutti, per godersi il fresco durante la calura estiva e, a notte inoltrata, per riposarsi dopo lunghe passeggiate.


In piazza, di solito, si arriva dopo aver   percorso un tratto di strada molto   stretto e dopo una curva, agli occhi del   turista, appare uno scenario suggestivo   ed unico per la plasticità delle forme: il   grande albero occupa gran parte della   visuale, ma è sufficiente volgere lo   sguardo verso destra per ammirare   l’armonica serie di archi in pietra sulla   quale si allunga il bel loggiato del   palazzo De Antonellis-Villani.
 Il lato sinistro non è da meno: la   fontana monumentale, con le sue linee   classiche, si impone, quasi a voler   sottolineare l’importanza della sua   antica funzione.

 

Alzando, poi, lo sguardo in alto a destra si scorge la facciata della Chiesa Madre e lo snello profilo del campanile; sulla sinistra, oltre i rami della cima del tiglio, si staglia il torrione del castello.
Dopo pochi passi, oltre il tiglio, la piazza si allarga sulla destra a forma circolare, ove è possibile ammirare l’armonia del portale d’ingresso e il bel cortile del palazzo De Antonelllis-Villani.
Di fronte ci sono “re muredde”, una serie di mura in pietra che contiene e delimita una sequenza di scalinate che porta alla Chiesa Madre e poi fin sopra il Castello, consentendo al visitatore di ammirare la maestosità del palazzo Santoli-Laudisi con il suggestivo cortile e, più oltre, ancor prima di incamminarsi verso la rocca, di innamorarsi della romantica bellezza del cortile del palazzo Rossi-Di Vito.

 

Il Centro storico

        

L’antico centro storico ha conservato la caratteristica tipologia di insediamento medioevale con vicoli stretti e case basse con mura in pietra locale ornate dalla tipica "romanella" (la gronda formata da embrici capovolti posti a scalare con sottostante uno o più filari di mattoni), e davanzali scolpiti.

Non è raro trovare sulla muratura delle vecchie abitazioni monofore e bifore o archi e trappe che ripropongono le vecchie botteghe.

 

 

 

 

 

 

Il borgo è la parte più antica del centro storico, qui si trova il Museo Civico che raccoglie i reperti rinvenuti durante la recente ricerca archeologica.

I pezzi esposti attualmente sono circa 150 manufatti in ceramica di uso comune e da tavola, 6 monete, 8 proiettili in pietra, 13 oggetti in metallo, 3 frammenti di vetro, 1 piedritto di camino, 2 oggetti di osso lavorato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il castello medioevale

Il castello, con il portale d’ingresso, la torre centrale (Donjon) ed i resti delle mura di cinta domina il paese dall’alto.

I lavori di resturo del 1990-1994 hanno consentito di recuoerare la struttura complessiva della Rocca, non solo le mura difensive e la torre cilindrica principale, ma anche il percorso di accesso. 

Il nucleo più significativo della fortificazione è costituito dal Donjon, la torre cilindrica eretta nel XIII-XIV secolo, inglobando preesistenti strutture difensive, sia cilindriche che poligonali.

Da lassù, il castello offre ai turisti scorci fantastici su tutto il panorama circostante.

 

 

 

Il pisciolo

Molte sono le leggende legate alla particolarità dei luoghi storici di Rocca San Felice: una in particolare è legata alla famiglia di Margherita di Svevia.

Nel corso dell’anno 1220, Enrico d’Aragona, marito di Margherita di Svevia e figlio di Federico Barbarossa, fu nominato re di Germania. Era sostenuto da tutte quelle città sotto il dominio della borghesia arricchitasi durante le crociate. Di contro il padre imperatore, autorizzava persecuzioni contro gli eretici a scopo politico, volendo colpire i comuni italiani che non riconoscevano la sua sovranità imperiale. Nel 1234, però, il re di Germania, d’accordo con i vescovi, pubblicò un manifesto contro l’imperatore e raggiunse un’alleanza con i comuni italiani. Federico al presentarsi del pericolo scappò in Germania dove, i principi tedeschi lo accolsero da trionfatore. Enrico battuto sul tempo dovette arrendersi, al suo posto fu proclamato re di Germania suo fratello Corrado IV che diventò imperatore alla morte di Federico (1250). Enrico catturato dall’imperatore fu relegato come ribelle, nella fortezza irpina di Rocca San Felice.

 

La moglie Margherita. esiliata anch’essa come il marito, andava spesso a trovarlo in prigione, non rassegnandosi a quella sorte. Da regina innamorata piangeva continuamente il marito tra i ruderi del castello di Rocca, piangeva desolata la dura sorte toccata al marito, che invece di diventare imperatore aveva finito in prigione i suoi ultimi giorni.

Da tutte queste lacrime versate continuamente, la leggenda vuole sia nata una sorgente, dalla quale, durante il periodo invernale, sgorga acqua tiepida. Data la sua caratteristica viene chiamata “il Pisciolo”, proprio perchè ricorda lo scorrere lento delle lacrime sul viso della regina. A questa fonte, durante il medioevo, le donne andavano a lavare il bucato.

Ancora oggi la fontana esiste, ristrutturata verso la parte nord del castello.

 

 

La mefite

" Est locus Italiae medio sub montibus altis, nobilis et fama multis memoratus in oris, Ampsancti valles.... "

" Vi è un luogo al centro dell'Italia circondato da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto: la valle d'Ansanto…."

Versi 563-565 del VII Canto dell'Eneide di Virgilio

        

Se scendi vicino al lago e ti fermi a guardare, intorno  vedrai un biancore di terra arida accentuata da chiazze gialle. Non c'è segno di vegetazione se non lontano.
Qui predomina il rumore dell'acqua che "ribolle"  sotto la spinta di una colonna ascendente di gas  compresso che soffia sotto il lago, altrove soffia da  buche grosse, altrove ancora da forellini quasi  invisibili. Perciò è rumore in qualche modo armonico,  che va dal rauco al sibilo. Ma non è un soffio innocuo.
Lo zolfo, nelle sue diverse componenti, le fa da  padrone. Una eccessiva imprudenza potrai pagarla  cara: un leggero brivido ti bloccherà il passo e  potresti cadere senza possibilità di scampo. La gente  dei dintorni racconta dei casi di morte e taluni si  sono verificati soltanto pochi anni addietro.

 

 

 

 

torna all'inizio del contenuto