Castello e Donjon

 

IL CASTELLO

 

Il castello è l’area fortificata che comprende tutto il pianoro che si trova sulla sommità della rocca.

Sono ben visibili le mura di cinta del castello ed è ben riconoscibile l’ingresso all’area munita il cui portale

si trova, oggi, all’ingresso del palazzo De Antonellis-Villani in p.za S. Felice. Lo spiazzo che si apre subito

dopo l’ingresso, ospitava le abitazioni degli artigiani e dei soldati.

Oltrepassato un altro ingresso, pure esso fortificato, si entra nel cortile dal quale si accede al Donjon.

 

 

IL DONJON

 

Il nucleo più antico della fortificazione è costituito dal donjon, la torre cilindrica del XII secolo che

incorpora precedenti strutture difensive, e dalla murazione di cinta nella quale, lungo il lato meridionale,

si apriva l’ingresso, ricavato nel banco di roccia calcarea. Costituita da un cilindro non privo di slancio

nonostante i 10 metri di diametro, la torre è fondata su roccia e costruita con la tecnica del riempimento a “ sacco”

(opus caementicium) entro cortine di conci calcarei di forma irregolari (opus incertum). I muri, che hanno lo

spessore di m. 2,50, impiegano come sostegni dei conci di paramento, frammenti di tegole e di coppi.

La torre è strutturata su quattro piani. Nel primo trovano posto la cisterna per l’approvvigionamento idrico e un

locale per lo stivaggio di provviste e legname (deposito); il secondo piano, dotato di monofore e di vani a muro

per il deposito di oggetti e l’alloggiamento di lucerne, svolgeva funzioni di cucina, come si desume dalla presenza

del pozzo e del forno-camino. A funzioni abitative erano destinati gli ultimi due piani: il terzo, fornito di servizio igienico,

di lavabo e di un vano-finestra, era accessibile dall’esterno grazie alla porta d’ingresso, collocata in alto per

esigenze di sicurezza, che veniva raggiunta mediante una struttura di legno ancorata alla muratura da tiranti.

A destra della porta, una scala ricavata in spessore di parete, consentiva di salire al quarto piano, testimoniato

da pochi resti. La copertura, impiegata per l’avvistamento e la difesa, svolgeva anche le funzioni di impluvio

ai fini dell’approvvigionamento idrico; una tubazione fittile portava l’acqua alla cisterna, servita dal pozzo della cucina.

 

 

 

 

I FEUDATARI

 

Lo storico don Pasquale Di Fronzo ha svolto approfonditi studi sul castello di Rocca San Felice

e dalle sue pubblicazioni è possibile ricostruire chi sono stati i vari feudatari e i signori del Castello

di Rocca San Felice dalle sue origini fino all’abbandono.

 La prima costruzione, avvenuta intorno all’850, era un fortilizio dove prese dimora un capitano con il suo

drappello di soldati con il compito di sorvegliare il confine del principato di Benevento che in quel punto

era segnato dal fiume Fredane. Il capitano era anche signore delle campagne circostanti e dei nuclei delle famiglie

che avevano trovato rifugio sotto la roccaforte.

Quando, nel 1037, fu istituita la legge sulla eredità dei feudi, il feudo di Rocca San Felice ebbe un signore e

la fortezza subì importanti lavori di ampliamento e si trasformò in castello, non ci è dato di conoscere, però, il nome di quel signore.

Dopo il 1076 con la conquista di questi territori da parte di Roberto il Guiscardo, il castello di Rocca San Felice

passò sotto il dominio dei Normanni.

Possiamo pensare che la baronia di Rocca San Felice appartenesse alla contea di Frigento che a sua volta

era alle dipendenze del principato di Benevento.

Nel 1147 il feudo apparteneva a Ruggiero di Castellovetere e nel 1180 ad Elia di Gesualdo.

Con la dominazione angioina, nel 1266, la nostra zona ebbe una importante modifica: la provincia di Salerno

che conservava la vecchia struttura di principato, venne sdoppiato e ne risultarono le due province di

principato di Citra e di principato Ultra. Rocca apparteneva al principato Ultra il cui territorio corrispondeva, più

o meno, alle attuali due province di Avellino e Benevento.

Carlo d’Angiò, quando si insediò, restituì il feudo di Rocca ad Enrico di Taurasi. Verso la fine del 1300

appartenne invece a Landolfo D’Aquino.

Nel 1535 il signore del Castello fu Annibale Caracciolo e nel 1591 risulta, invece, che lo cedette alla famiglia Reale.

L’ultimo signore di Rocca San Felice fu Giovan Francesco Capobianco che mantenne il feudo per lungo tempo

e sino all’eversione della feudalità, nel 1806.

 

IL FANTASMA DI MARGHERITA D’AUSTRIA

 

La leggenda dice che tra i ruderi del castello di Rocca San Felice, nelle notti di plenilunio,

si aggira il fantasma di Margherita d’Austria, vestita di bianco, che va cercando l’amato sposo e piangendo

la dura sorte toccata a lei, al marito e ai figli, privati del trono e relegati nella solitaria prigione, con la

minaccia incombente di una fine ancora più tragica.

Cerchiamo di ricostruire, nel modo più succinto possibile, la storia sulla quale poi è nata questa leggenda.

L’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II era solito relegare i ribelli, quando non venivano trucidati,

anche nelle lontane e sperdute fortezze dell’Irpinia, e si credette probabile che la fortezza di Rocca S.F. fosse

il luogo di relegazione di Enrico di Svevia, figlio dello stesso Imperatore, dal gennaio del 1236 all’aprile del 1242.

Enrico si macchiò, agli occhi del padre Imperatore, della colpa di aver assecondato la ribellione dei

feudatari tedeschi che chiedevano di diventare sovrani dei territori che amministravano, completamente

indipendenti dalla sovranità dell’imperatore.

Ad Enrico fu risparmiata la condanna a morte ma venne rinchiuso in prigioni ai confini dell’Impero. 

La sua prigionia fu una peregrinazione tra le fortezze dell’Italia Meridionale. A Rocca fu trasferito da Venosa

e restò in questa fortezza per circa sei anni. Ma durante il trasferimento a Martirano, un piccolo centro della Calabria,

Enrico precipitò in un burrone e morì.

La moglie Margherita d’Austria seguiva tutti i suoi spostamenti con la speranza di vederlo e di fargli sentire, così, la sua vicinanza.

Si racconta che il repentino trasferimento tra un carcere all’altro dell’illustre carcerato, abbia fatto perdere le tracce alla sposa.

Quando seppe della sua morte, non riuscendo ad identificare con precisione i luoghi, si racconta che fu vista più

volte peregrinare attorno alle mura del castello di Rocca San Felice in cerca di notizie del suo amato sposo.

Da questo racconto è nata la leggenda che vuole il fantasma della regina aggirarsi, nelle notti di plenilunio, attorno al castello.   

 

 

 

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